Mutazioni nel gene ANKRD11 causano la sindrome KBG


La causa della sindrome KBG è stata individuata nelle mutazioni del gene ANKRD11.
La sindrome KGB è una patologia molto rara riscontrata finora in circa 60 persone, anche se, a causa del difficile inquadramento clinico, è verosimilmente sottodiagnosticata.

La scoperta scientifica è stata pubblicata sulla rivista American Journal of Human Genetics ed è frutto di uno studio condotto dai ricercatori dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù in collaborazione con l’Università di Miami, l’Università di Ankara e l’Istituto Mendel.

Questa malattia, individuata per la prima volta a metà degli anni 70, prende il nome dalle iniziali dei primi pazienti descritti e sono stati proprio i ricercatori del Bambino Gesù a contribuire significativamente, negli ultimi anni, a delineare il fenotipo clinico, ovvero le caratteristiche peculiari dei bambini affetti dalla sindrome di KBG.

La sindrome KBG è caratterizzata dalla presenza di incisivi superiori di grandi dimensioni, dismorfismi facciali tipici, bassa statura, ritardo dell’età ossea, anomalie delle mani, difetti costo-vertebrali, ritardo dello sviluppo psicomotorio, occasionalmente associato a convulsioni.
Dato che i pazienti mostrano caratteristiche che variano da individuo a individuo e che nessuno dei segni clinici costituisce di per sé un prerequisito per la diagnosi, l’inquadramento clinico è particolarmente complesso.

Nello studio sono state coinvolte 10 famiglie di origine italiana e turca e le particolari tecniche molecolari con cui ciascun membro del nucleo familiare è stato analizzato hanno portato all’identificazione delle mutazioni del gene ANKRD11: l’avere dimostrato che tali mutazioni causano la sindrome KBG consente di attribuire a questo gene un ruolo fondamentale nello sviluppo e nella funzione delle strutture cranio-facciali, dei denti, dello scheletro e del sistema nervoso centrale.

Un significativo passo in avanti della ricerca nel campo delle malattie rare: la disponibilità di un test genetico da ora in poi contribuirà ad inquadrare più facilmente i pazienti affetti da questa patologia e consentirà anche di definirne la prevalenza.

Fonte: Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma, 2011



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