Patologie correlate ai fotorecettori: scoperto un meccanismo di connessione tra fotorecettori della vista notturna e quelli della vista diurna


Alcuni pori chiamati connessoni permettono un contatto diretto tra coni e bastoncelli, cioè i fotorecettori della retina deputati alla visione diurna e notturna.
La ricerca, effettuata all’Università di Pisa, è pubblicata sulla rivista eLife.

I ricercatori hanno indagato la capacità di vedere in condizioni di luce intermedia, come ad esempio al crepuscolo.

In generale, l’uomo ed altri animali possiedono due tipi di fotorecettori, i bastoncelli e i coni.
I fotorecettori sono specifici neuroni sulla retina, che amplificano e traducono i segnali luminosi, inviandoli al cervello.
In particolare, i bastoncelli consentono la visione notturna in condizioni di bassissima luce e sono sensibili anche soltanto a pochissimi fotoni che colpiscono la retina.
In pratica, i bastoncelli assorbono e amplificano il segnale luminoso proveniente da questi fotoni.
I coni, invece, lavorano di giorno, in condizioni di luce molto intensa, e hanno la specifica caratteristica di poter distinguere diversi colori.

Esiste anche una situazione intermedia, quella del crepuscolo. Secondo i ricercatori, i due recettori possono comunicare tra di loro e i bastoncelli trasmettono il segnale rilevato ai coni.

Nello studio è stato individuato un canale di comunicazione mediato da piccoli pori, chiamati connessoni, che mettono in contatto fisico i due recettori, mescolati tra di loro. Aprendosi, questi pori creano un accoppiamento e il segnale generato dai bastoncelli sostanzialmente viene trasmesso ai coni, come se i due tipi di fotorecettori fossero un’unica unità funzionale. Si ha così una comunicazione sia elettrica che molecolare con il passaggio di ioni, come il potassio e il cloruro.
I connessoni sono di dimensione sufficientemente grande da far passare molecole organiche importanti per il metabolismo cellulare.

Questo risultato potrebbe aprire nuovi orizzonti di studio riguardo a patologie della retina, in particolare quelle di origine genetica, come le distrofie dei coni e le retiniti pigmentose. In questa malattia, uno dei due tipi di fotorecettori ( quello legato alla visione diurna o notturna ) va incontro a morte progressiva e con il tempo spesso viene danneggiato anche l’altro: in qualche modo si pensa a una comunicazione tra recettori malati e quelli sani, come una sorta di contagio, le cui cause non sono ancora state individuate.

Una ipotesi interessante da poter sondare nel futuro è quella per la quale il segnale con cui avviene la degenerazione passi attraverso i connessoni.
Un’altra strada ugualmente interessante, opposta rispetto alla precedente, potrebbe essere quella di andare a vedere se in una fase precoce della degenerazione dei fotorecettori, tenendo questi pori sempre aperti, e non solo durante la fase del crepuscolo, attraverso una terapia farmacologica, i fotorecettori malati possano essere aiutati da quelli sani in maniera preventiva: così i fotorecettori sani contribuirebbero al metabolismo di quelli malati rendendoli più resistenti alla degenerazione. ( Xagena_2014 )

Fonte: Università di Pisa, 2014

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