Nuova pelle transgenica per un bambino affetto da epidermolisi bollosa giunzionale
Un paziente di 7 anni colpito da una grave malattia genetica, l'epidermolisi bollosa giunzionale, che provoca lesioni sulla pelle, è guarito grazie al trapianto di una nuova pelle generata a partire dalle sue cellule staminali, modificate mediante terapia genica.
Questi pazienti vengono chiamati bambini farfalla perché hanno la pelle fragile come le ali di questi insetti.
L'epidermolisi bollosa colpisce la pelle provocando la formazione di bolle, ulcere e lesioni in seguito al minimo trauma, ed è spesso incompatibile con una vita normale o con la vita stessa.
A parte medicamenti palliativi, finora non si poteva fare molto contro la malattia.
Uno studio, pubblicato su Nature, ha dimostrato, per la prima volta, che un bambino affetto da epidermolisi bollosa possa guarire grazie al trapianto di nuova pelle generata in laboratorio a partire dalle sue cellule staminali, modificate mediante terapia genica.
Quasi due anni dopo l'ultimo intervento il bambino, che al momento del trapianto aveva 7 anni, sta bene e svolge le attività tipiche di un bambino normale.
Tutto è iniziato nel giugno 2015, quando all'ospedale pediatrico di Bochum, in Germania, è giunto un bambino di sette anni affetto da epidermolisi bollosa giunzionale, una delle forme più gravi della malattia ( il 40% dei bambini colpiti non supera l'adolescenza ).
Il paziente presentava una mutazione del gene LAMB3, codificante per una componente di una proteina chiamata laminina-332, coinvolta nell'ancoraggio dell'epidermide ( strato più superficiale della pelle ) al derma ( strato sottostante ).
Se la laminina manca o è difettosa l'ancoraggio non funziona, provocando un'estrema fragilità della pelle: è sufficiente una minima frizione o un piccolo trauma a causare la formazione di dolorose bolle, ulcere e lacerazioni.
In più, l'epidermolisi bollosa è associata a rischio di sviluppare tumori aggressivi della pelle.
Nelle settimane precedenti il ricovero le condizioni del bambino erano molto peggiorate, con infezioni multiple e distacco di grandi quantità di pelle, che hanno indotto i medici a indurre un coma farmacologico per evitare al bambino di avvertire dolore.
Per cercare di salvarlo è stato adottato un approccio sperimentale che combina la terapia con cellule staminali alla terapia genica, e sono stati coinvolti i ricercatori dell’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, coordinati da Michele De Luca, esperti nella produzione di pelle artificiale.
I ricercatori italiani avevano dalla loro due esperienze fondamentali. Una nell'ambito della riparazione delle grandi ustioni con lembi di pelle sana coltivati in laboratorio a partire da staminali dello stesso paziente; l'altra è la prima sperimentazione clinica di terapia genica riguardante l'epidermolisi bollosa giunzionale, risalente al 2006: un'esperienza di successo ma relativa a un caso più semplice e al trattamento di una minima parte del corpo.
Nel 2015, le cellule staminali del bambino sono state recuperate mediante una biopsia cutanea, e sono state trattate con un vettore virale contenente la versione corretta del gene LAMB3, in modo da integrare il gene nel genoma dell'ospite, sostituendo quello difettoso.
Le cellule corrette sono state coltivate fino a ottenere tanti fazzoletti di pelle transgenica ( quadrati dal lato compreso tra i 7 e i 12 centimetri ), pronti per essere trapiantati.
Dieci giorni dopo il primo intervento, la nuova pelle aveva attecchito; la rimozione delle garze ha rivelato una pelle rosea e sana.
L'obiettivo è ora quello di riuscire a permettere a tutti i bambini che soffrono di epidermolisi bollosa di essere sosttoposti a terapia genica.
Le forme della malattia sono molto diverse, perché sono diversi i difetti molecolari responsabili e i problemi clinici correlati, per cui dovranno essere sviluppate soluzioni specifiche per ogni situazione.
Il caso del bambino di origini siriane ha permesso un significativo avanzamento delle conoscenze nell'ambito della biologia dell'epidermide.
La pelle è un tessuto che si rinnova completamente circa una volta al mese, ma non era chiaro chi guidasse questa rigenerazione. Due le ipotesi: un piccolo gruppo di cellule staminali di lunga durata in grado di autorinnovarsi di continuo, oppure un gruppo più esteso di progenitori già parzialmente differenziati.
Alcuni dati indiretti sostenevano la prima ipotesi, ma mancava la conferma. ( Xagena_2017 )
Fonte: Unimore - Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, 2017
Xagena_Medicina_2017