Accumulo di acido solfidrico nell’encefalopatia etilmalonica


L’accumulo di acido solfidrico sarebbe la causa di danni al cervello e ai vasi sanguigni tipici dell'encefalopatia etilmalonica, grave e fatale malattia metabolica ereditaria che colpisce fin dalla primissima infanzia, specialmente nell'area mediterranea e nella penisola arabica.

La scoperta, pubblicata su Nature Medicine, è stata fatta da Valeria Tiranti e Massimo Zeviani, Ricercatori del Centro per lo Studio delle Malattie Mitocondriali Pediatriche dell'Istituto Neurologico Besta di Milano.

Il lavoro rappresenta un passo avanti molto importante nello studio di questa rara patologia dei mitocondri - le centrali energetiche delle cellule.

Benché l'encefalopatia etilmalonica fosse nota alla comunità scientifica fin dai primi anni Novanta, infatti, non era ancora chiaro perché i bambini si ammalassero. Il primo indizio chiave è stato trovato nel 2004, proprio grazie al gruppo di Massimo Zeviani, che ha individuato il gene difettoso: ETHE1.

Oggi, utilizzando anche un modello animale della malattia ( un topo geneticamente modificato privo del gene ETHE1 ) lo stesso gruppo di Ricercatori ha messo a segno un altro punto, comprendendo la funzione della proteina prodotta da questo gene. Si tratta di una sorta di spazzino molecolare che ripulisce le cellule dall'acido solfidrico, il gas dal tipico odore di uova marce prodotto da diversi tessuti umani, come ad esempio la flora batterica intestinale, durante le attività metaboliche.

In assenza della proteina ETHE1, questo meccanismo di pulizia viene a mancare: l'acido solfidrico si accumula così nei tessuti, cervello in primis, danneggiandoli.

Per avere un'idea della tossicità di questo gas, basti pensare che è velenoso quanto il cianuro o il monossido di carbonio. Tra i sintomi tipici dell’encefalopatia etilmalonica ci sono un danno neurologico progressivo, diarrea cronica, petecchie sulla pelle e insufficienza motoria con tetraparesi spastica.

Il risultato apre prospettive concrete per disegnare una possibile strategia terapeutica per questa rara malattia, di cui oggi si conoscono circa 60 famiglie affette ( ma probabilmente si tratta di una sottostima, viste le difficoltà nella diagnosi ).

I Ricercatori sono infatti già al lavoro per capire se riducendo la quantità di acido solfidrico si possano migliorare le condizioni di vita dei piccoli pazienti e aumentarne la sopravvivenza, che attualmente è di pochi anni.

Intervenendo sulla dieta e sulla composizione della flora batterica intestinale si potrebbe ad esempio provare a ridurre la fonte principale di produzione del gas. Un'altra strategia potrebbe essere quella di intervenire con un trapianto di midollo osseo sul sistema reticolo-endoteliale, quella particolare porzione del sistema immunitario che ha il compito di eliminare le sostanze tossiche dall'organismo. ( Xagena_2009 )

Fonte: Telethon, 2009



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